Air polishing in odontoiatria cos’è e come funziona

Air polishing in odontoiatria: cos’è e come funziona

Air polishing in odontoiatria: cos’è e come funziona Negli ultimi anni la air polishing therapy sta guadagnando ampio consenso tra i dentisti. Questa terapia consiste in una lucidatura mediante flusso di aria ed è molto indicata per il trattamento e la prevenzione delle malattie parodontali. Viene svolta durante la regolare pulizia dei denti e, a seconda delle polveri utilizzate, può facilitare anche la manutenzione degli impianti dentali. Abbiamo parlato di questa terapia insieme a DENS che svolge la sua attività come dentista a Como.

Air polishing: cos’è

Ma a cosa ci si riferisce di preciso con il termine air polishing? Si tratta di una terapia di supporto parodontale che si avvale dell’azione di polveri per rimuovere il biofilm batterico e ridurre la formazione di placca. I sistemi di air polishing sfruttano dunque l’azione di un flusso di aria compressa che veicola acqua e varie tipologie di polveri a granulometria controllata. Il ricorso a sostanze differenti garantisce la possibilità di adattare il trattamento alle esigenze di ogni paziente.

Le prime polveri per air polishing erano composte da bicarbonato di sodio, che presenta una granulometria di 150 μm e cristalli rettangolari e/o quadrati. Il principale pregio del bicarbonato di sodio è la sua elevata efficacia nella rimozione del biofilm batterico sopragengivale. Ha inoltre il vantaggio di eliminare macchie superficiali dallo smalto più duro (ad es. quelle dovute al fumo) senza cambiamenti o perdite significative di materiale dentale.

Nel corso del tempo però sono state messe a punto anche polveri a base di altri materiali, in quanto il bicarbonato di sodio risulta troppo aggressivo per via del suo forte potere abrasivo che ne rende sconsigliato l’uso su dentina o cemento radicolare nei casi di demineralizzazione dello smalto. Tra le polveri alternativeper air polishing si ricordano:

  • Polvere di glicina: è un amminoacido inizialmente isolato dalla canna da zucchero, ma oggi producibile industrialmente. Ha una granulometria di <25 μm che gli conferisce un minore potere abrasivo. Per questo motivo è un’ottima alternativa al bicarbonato di sodio su strutture dentali più delicate, per utilizzo nei solchi gengivali e sottogengivali e sui materiali di restauro. Tali proprietà lo rendono il gold standard per la pulizia degli impianti dentali.
  • Polvere di eritritiolo: dolcificante con una granulometria di appena 10 μm, è caratterizzato da uno scarso potere abrasivo che lo rende adatto al trattamento dei tessuti molli e delle tasche dentali o implantari fino a 10mm di profondità.

Air polishing: come funziona

Durante un trattamento di air polishing, il flusso di polveri, acqua e aria compressa, viene convogliato attraverso uno strumento simile a una pistola. La terapia sfrutta l’azione meccanica delle particelle emesse ad alta pressione. L’energia cinetica si dissipa all’impatto col dente o con la gengiva, generando un urto superficiale che produce a sua volta il benefico effetto di pulizia. Il getto d’acqua sfrutta la depressione intorno all’ugello della macchina per air polishing per impedire l’eventuale rimbalzo e fuoriuscita delle polveri, continuando allo stesso tempo a detergere l’area interessata.

Prima di esporre il paziente al getto, è opportuno tutelare i dotti della ghiandola salivare parotidea e la mucosa linguale, utilizzando degli specifici fogli protettivi. Si procede inoltre a detergere le labbra con un gel oleoso che ne evita la disidratazione. Altro aspetto importante è l’ostruzione dello spazio interdentale. Questa può realizzarsi tramite l’apposizione da parte del dentista di un dito o uno specchietto dietro al dente oggetto del trattamento. Tale precauzione evita che le polveri possano entrare in contatto con il palato, la faringe o il pavimento del cavo orale, provocando fastidiose irritazioni.

Un ulteriore accorgimento è quello di fare indossare al paziente un dispositivo di protezione oculare. Nel corso dell’air polishing è infatti possibile che una piccola parte di particelle di polvere si disperdano nell’aria, finendo negli occhi o rimanendo intrappolate nelle lenti a contatto.

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